venerdì 15 febbraio 2013

O/A sotto lo stesso ombrello



Parlo di finocchio. Anzi dovrei forse dire di finocchio e di finocchia, visto che trattasi di maschio e femmina. 

Il maschio è quello dal testone rotondeggiante, vanaglorioso. Tenero, profumato nella sua candida grossolanità. La femmina ha il grumolo (l’insieme delle guaine fogliari) più slanciato, più garbato, insomma più gentile. Sembrerebbe, ma così non è. La finocchia è più dura; talvolta coriacea, filamentosa. Diciamo che ha un bel caratterino.


La coppia sembra dar ragione a molta letteratura misogina: femmine di bell’aspetto, ma fastidiose. In cucina c’è modo di ovviare. Le femmine si fanno cuocere, i maschi si sgranocchiano crudi.


Il finocchio viene consumato crudo, tagliato a spicchi, leggermente salato come aperitivo, o al naturale come interpasto in un pranzo domenicale tra una portata e un’altra.  Questo mi riporta alla consuetudine di mia nonna di disporre in tavola sedani e finocchi. Diceva che serviva a scuotere il sacco. Venivano passati leggermente di sale, scrollati e innaffiati a intervalli regolari di vino generoso. Col pretesto di alleggerire il pranzo si finiva distesi sotto il tavolo prima della conclusione del medesimo.


Oggi siamo, forse, più attenti. Le crudité fanno chic, ma all’inizio del pasto, poco condite e soprattutto acqua naturale come complemento!

Restituiamo allora al finocchio e alla finocchia (la finocchia mi sta simpatica assai, nonostante fatichereste a ritrovare questo termine nella nomenclatura ufficiale)) un ruolo alimentare che mantenga le oraziane abitudini del tempo andato insieme alle nuove esigenze di leggerezza e contegno. 

Tentiamo un connubio leggero, aromatico, ma stuzzicante con un risotto al finocchio. Stavolta procederò come si deve dandovi l’elenco degli ingredienti essenziali, lasciando al gusto di chi leggerà (qualcuno legge?) le variazioni desiderate.



Risotto al finocchio

Per quattro persone:


2/3 finocchi


200 gr. di riso italiano a chicchi grossi, di buon contenuto amidaceo


1/2 foglie di alloro


1 pizzico di “semi” di finocchio


Uno spicchio d’aglio (non storcete il muso, ché ‘sta storia che l’aglio non è trendy è proprio da fessi. Se cotto in modo corretto, ingannerà l’agliofobico: sperimentato a iosa!L’importante è non esagerare nelle quantità e non farlo friggere; poi… de gustibus)


1 cucchiaio di cipolla bianca tritata


4/5 cucchiai di olio extravergine d'oliva


1 formaggio caprino con la crosta fiorita


2 cucchiai di parmigiano reggiano

Scorzetta grattugiata di limone


Sale e pepe q.b.


Lavare i finocchi sotto acqua corrente dopo aver aperto le foglie. Tagliarli in pezzi grossolani e metterli in tegame dove frattanto si è riscaldato leggermente l’olio con aglio vestito (che toglierete prima di servire) e cipolla affettata sottilmente. Appena il finocchio si è ammorbidito, toglierlo dall'intingolo e tenerlo da parte. Aggiungere il riso, lasciar tostare leggermente e poi aggiungere, a mano a mano, il brodo caldo (acqua+foglia di alloro+semi di finocchio+sale). Quasi a fine cottura rimettere nel riso il finocchio, insaporire per qualche minuto.  Mantecare con parmigiano e una parte del caprino. Una macinata di pepe.


Contrariamente alla moda dominante, io non sopporto che  le vivande calde, e dalla consistenza abbastanza cremosa, vengano servite in piatti spasi e grandi, ancor più odio quel tocco dello chef sotto il piatto per livellare il riso. L’unico effetto è quello di far raffreddare inopportunamente il risotto.


Posate su ogni porzione un po’ di caprino, scorzetta grattugiata di limone e decorate (solo se vi piace) con un ciuffetto di fieno di finocchio.


Il fieno? Sì, dal latino foeniculum, il tenero frascame verde chiaro del finocchio e di sua sorella la finocchia entrambi appartenenti al genere foeniculum vulgare, appunto.

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