La scoperta fu casuale, come
spesso accade. Soprattutto per chi non si occupa di rompere orizzonti noti e si
affida o viene ingoiato da itinerari più tranquilli. E cosa c’è di più usuale
di una coda in autostrada, durante il viaggio di ritorno dal Sud al Nord sul
finire dell’estate? Un’immagine di repertorio di questo stravagante paese.
I due erano in macchina da
molte ore. Non era stata una partenza intelligente. Avrebbero voluto fermarsi
in autogrill, almeno per una sosta alla toilette. Avevano esaurito la scorta
d’acqua, e dai finestrini entravano nell’abitacolo soffi di aria calda, secca,
resa aspra dalle emissioni concentrate dei motori che ruggivano quasi
languidamente, esasperati, l’uno dietro l’altro. Niente aria condizionata, non
era tra gli optional del mezzo. I due facevano economia, si accontentavano del
necessario. Per il necessario si erano fatti emigranti, non per altro. Il
bisogno di urinare si era dileguato, riversandosi nel sudore che, copioso,
aveva incollato ai loro corpi gli abiti. Quasi sudari, appunto.
L’attimo della ripresa, in
prima, rompeva a tratti la staticità della coda, ventilando, si fa per dire, la
speranza di procedere a velocità normale.
– Siamo a Rimini? – fece lei
scuotendosi dal torpore.
– Macché – rispose esangue la
voce di lui.
In lontananza la cima di un
hotel. Si riusciva a leggerne l’insegna che già vinceva col suo neon il
crepuscolo polveroso.
Fu uno sguardo d’intesa tra i
due a determinare una sterzata imprevista sulla corsia di destra. Verso
l’uscita.
– Ci fermiamo e riprendiamo
domani. Quanto vuoi che costi una notte in albergo.
Lei non fiatò. Accennò grata
col capo, sicura che lui avrebbe capito la tacita risposta. Anche questo
succede naturalmente. Decenni di convivenza non sono acqua fresca. Ecco, di
acqua si trattava, non di altro. Di acqua, e bella fresca. Di un vestito
asciutto, di quattro passi per rimettere dritta la schiena mortificata dalle
tante ore di sedile.
E finalmente nel bagno della
camera, non fumatori, l’acqua sgorgò copiosa e allegra dalla doccia. Sotto lo
scroscio i due ritrovarono l’allegria e fecero gli stupidi con la schiuma
e finirono con abbracci ristoratori. Di tutti i sensi.
Due ore dopo, la signorina
della reception se li vide davanti al banco, irriconoscibili. Quella luce negli
occhi che la doccia non avrebbe potuto da sola regalare.
– Scusi, c’è un lungomare?
La ragazza li guardò
stralunata e sbottò risentita che certo, sicuro che c’era il lungomare. Lo si
poteva raggiungere a piedi. Bastava seguissero i cartelli per il centro.
Il viale era alberato. In
fondo si intravedevano delle case. I due accelerarono i passi. Si tenevano per
mano, lei incurante dei suoi primi capelli bianchi, lui della stempiatura sempre
più invadente. Dopo dieci o quindici minuti chiesero a un passante dove fosse
il lungomare. Avevano negli occhi il lungomare della loro città, che si perdeva
a vista d’occhio, e distribuiva con generosità spruzzi impertinenti di acqua
salata sulle coppie di innamorati e su ragazzini vocianti. Mancavano da poche
ore alla fine, ma quasi se l’erano dimenticato. Quasi.
Proseguirono seguendo il
senso obbligato della strada. Alte reti recingevano due ordini paralleli
di campetti di beach volley, intervallate da gelaterie e terrazze di ristorantini,
dietro i quali si intravedeva la fila delle cabine degli stabilimenti chiusi da
cancelli invalicabili. E il mare? Recondito, occultato come il più grande
dei misteri. Neppure il suo odore si percepiva, sovrastato com’era da effluvi
compositi di fritti misti e bomboloni e vanilline sintetiche. Lei cercò di
forzare senza risultato un cancelletto di legno pitturato di bianco e azzurro,
tra uno stabilimento e un altro.
‒ Porterà sulla spiaggia.
‒ Sta’ ferma, ché ci guardano.
Sedettero sconsolati su una
panchina, di spalle al mare naturalmente, a fissare i piedi calzati di sandali,
scarpe di tela, zeppe altissime e infradito di varie misure dei villeggianti
in sonnolenta processione serale sui mattoni rossi che lastricavano la
passeggiata del lungomare.
Al ritorno in hotel, la
signorina della reception li accolse con un sorriso.
–Vi è
piaciuto il lungomare?
I due si guardarono e
ritirarono la chiave della camera senza rispondere. La signorina pensò che
forse i due maturi clienti avevano bevuto un cocktail di troppo, o erano un po’
svaniti per l’età.
–Ti
andrebbe un’altra doccia? – disse lui, accarezzando delicatamente la guancia di lei,
una volta in ascensore.
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